sabato 1 dicembre 2012

Gli astronomi del Max Planck Institute hanno scoperto il buco nero più grande mai osservato

Figura 1: Immagine della galassia a disco (galassia lenticolare) NGC 1277, ricavata con il telescopio spaziale Hubble. Questa piccola galassia appiattita contiene  nel suo centro uno dei buchi neri super-massicci più grandi mai trovati. Con una massa equivalente a 17 miliardi di Soli, il buco nero pesa uno straordinario 14% in più della massa totale della galassia. Image credit: NASA / ESA / Andrew C. Fabian / Remco C. E. van den Bosch (MPIA)
Un gruppo di astronomi guidato dallo scienziato Remco van den Bosch, del Max Planck Institute for Astronomy (MPIA) ha scoperto un buco nero che potrebbe scuotere le fondamenta degli attuali modelli di evoluzione delle galassie. Possiede una massa che equivale a 17 miliardi di volte la massa del Sole, una massa che risulta molto più grande rispetto a quello che prevedono i modelli attuali - soprattutto in relazione alla massa della sua galassia ospite.
Questo potrebbe essere il buco nero più grande mai trovato prima. Le nostra conoscenze astronomiche, ci insegnano che ogni galassia dovrebbe contenere nella sua regione centrale quello che viene chiamato un 'buco nero', con una massa compresa tra quella di centinaia di migliaia di miliardi di Soli.  Il buco nero supermassiccio più studiato si trova nel centro della nostra galassia, la Via Lattea, con una massa che corrisponde a circa quattro milioni di Soli. Ora emerge una tendenza interessante per le masse delle galassie e dei loro buchi neri situati nel rispettivo centro: un rapporto diretto tra la massa del buco nero di una galassia e quella delle stelle della galassia. In genere, la massa del buco nero è una piccola frazione della massa totale della galassia. Ma ora una ricerca guidata dal astronomo olandese Remco van den Bosch (MPIA) ha rilevato che un enorme buco nero potrebbe sconvolgere il rapporto accettato attualmente tra massa del buco nero e la massa della galassia, che svolge un ruolo fondamentale in tutte le attuali teorie sull'evoluzione delle galassie. Le osservazioni sono state ricavate dal telescopio Hobby-Eberly e le immagini esistenti dal telescopio spaziale Hubble. Con una massa equivalente a 17 miliardi di volte quella del Sole, il buco nero appena scoperto al centro del disco galassia NGC 1277 potrebbe anche essere il più grande buco nero esistente: la massa record di un Buco Nero attuale è stimata in valori compresi tra 6 e 37 miliardi di masse solari (McConnell et al 2011.), se il valore reale si trova verso l'estremità inferiore di tale intervallo, NGC 1277 rompe il record attuale. Se così non fosse, NGC 1277 ospiterebbe il secondo Buco Nero più grande conosciuto. La grande sorpresa è che la massa del buco nero NGC 1277 è pari al 14% della massa totale della galassia, anziché avere dei valori normali intorno allo 0,1%. Questo dato supera il vecchio record che risulta maggiore di un fattore 10. Gli astronomi si sarebbero aspettati un Buco Nero di queste dimensioni all'interno dell' ellittica blob-like, una galassia dieci volte più grande. Invece, questo buco nero si trova all'interno di una galassia a disco piuttosto piccola. Questo Buco Nero massiccio è un fenomeno anomalo ? L' analisi preliminare dei dati aggiuntivi suggerisce il contrario - fino ad ora, la ricerca ha scoperto cinque galassie aggiuntive che sono relativamente piccole, ma, passando per le prime stime, sembra che ospiti buchi neri insolitamente grandi. Per avere delle conclusioni definitive dovremmo attendere immagini dettagliate di queste galassie. Se questi dati supplementari saranno confermati, insieme alla presenza di Buchi Neri più grandi di questo, gli astronomi dovranno rivalutare i loro modelli fondamentali sull' evoluzione delle galassie. In particolare, avranno bisogno di guardare l'universo primordiale: la galassia che ospita il nuovo buco nero sembra essersi formata più di 8 miliardi di anni fa, e non sembra essere cambiato molto da allora. Qualunque cosa che ha creato questo enorme buco nero deve essere successo molto tempo fa. Riferimento: Max Planck Institute for Astronomy (MPIA) Journal Reference: Van de Bosch, R.C.E. et al. Nature 491 729-731 (2012.

Nessun commento:

Posta un commento